Zacchi sfata in un momento anche il mito della pasta che rende magri: “Una volta, non eravamo più magri perché c’erano i piattoni di pasta, ma perché consumavano molto e si mangiava poco! A farci male, è la dieta tipo americana con tutti i suoi grassi saturi e gli zuccheri nascosti, sovrapposta ai nostri consumi tradizionali.
“Mi riesce anche oscuro il legame con il fattore economico. Caso mai, il ridotto potere d’acquisto incide su verdura e frutta, che al contrario andrebbero consumate in quantità. Sfido chiunque a spendere meno dell’equivalente di una porzione di pasta col pomodoro”.
Le etichette sugli scaffali dei supermercati gli danno ragione: per un kg di pasta di semola, si parte da 1,18 euro, esattamente quanto un pacchetto di patatine da 280 gr. In quanto ai pelati, condimento canonico degli spaghetti, le latte da un kg costano 1.77 euro. Se queste sono le cifre, lo sbandierato 20% di aumento sul prezzo della pasta si traduce in una manciata di centesimi, constatazione che fa inorridire il patron di Slow Food Carlo Petrini: “Il vero problema è che si è smesso di dare valore al cibo. Vogliamo pagarlo sempre meno e pretendiamo che sia anche buono: abbiamo delle belle pretese! Certo che esiste una questione legata ai costi del cibo, non per nulla abbiamo lanciato la campagna per la diffusione dei mercati contadini in tutte le città. Ma se non capiamo che nelle priorità di spesa il cibo non può stare dietro l’elettronica, finiremo a mangiare computer e telefonini”.
Data: 04.06.2008
Autore: Licia Granello per Repubblica
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